domenica 3 aprile 2016

Pills of books. #9

Ho mandato il racconto a una rivista. Mi hanno risposto che l amia non era un’opera letteraria, ma l’esposizione di un incubo notturno. Naturalmente è anche questione di scarso talento, ma secondo me c’è dell’altro. E ho cominciato a chiedermi come mai Cernobyl interessi così poco i nostri scrittori, i quali continuano a scrivere sulla guerra, i lager, ma di questo tacciono. Pensate che sia un caso? Se noi avessimo vinto Cernobyl, se ne parlerebbe e scriverebbe di più. O se l’avessimo almeno compreso. E invece non sappiamo che senso trarre da tutto questo orrore. Non ne siamo capaci. Perché non è commisurabile né alla nostra esperienza di uomini né al nostro tempo umano. E allora, cos’è meglio: ricordare o dimenticare? (Evgenij Aleksandrovic Brovkin, docente dell’Università statale di Gomel’)


A 30 anni dal disastro nucleare che ha cambiato l'Europa, la sua politica e la sua gente, ho pensato di leggere questo libro - reportage di Svetlana Aleksievic, premio Nobel per la Letteratura 2015. Questa lettura mi permette di fare ancor più luce su un fatto storico che mi è sempre stato a cuore per svariati motivi e di informarmi bene per un prossimo articolo che scriverò per Parte del Discorso proprio in occasione del trentennale di questo disastro umano e ambientale. E' un libro educativo e doloroso, un canto popolare di disperazione, dolore e rabbia. Il quadro che il Lettore delinea è tra i più agghiaccianti e allo stesso tempo incredibili. Non è adatto per i deboli di cuore, ma ve lo consiglio.

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